Bulletin n. 1/2005
December 2005
CONTENTS
  • Section A) The theory and practise of the federal states and multi-level systems of government
  • Section B) Global governance and international organizations
  • Section C) Regional integration processes
  • Section D) Federalism as a political idea
  • Passera Corrado
    L'integrazione euromediterranea e il ruolo delle banche
    in Impresa & Stato , Ottobre/Dicembre N.69/2004 ,  2004
    La ricchezza politica, culturale ed economica dell'area euromediterranea può portare a un laboratorio di soluzioni di cui il mondo ha un grande bisogno. Il concetto di euromediterraneo non è più un concetto vago o che tocca solo altri: l'Italia è un Paese euromediterraneo, il mix di popolazioni, culture, religioni, approcci deve essere parte della nostra vita e del nostro impegno. Anche se, nello specifico, il nostro impegno è soprattutto economico, la cornice deve essere politica, culturale e umana in senso ampio. È una grande opportunità anche in termini dimensionali: stiamo parlando di una popolazione di 600 milioni di persone che potrebbe risultare integrando Europa e Paesi del Mediterraneo, la più grande combinazione di popolazioni diverse che mai sia stata creata; stiamo parlando di un mercato di dimensioni enormi, di un potenziale di investimenti diretti verso questi Paesi di dimensioni molto importanti. Non siamo gli unici a muoverci. Altri, gli Stati Uniti per primi, si stanno muovendo. Non è, quindi, soltanto un'opportunità da cogliere, ma è anche un'opportunità che potremmo perdere se non sapremo agire. La direzione mi sembra chiara: occorre puntare a una grande area di libero scambio, ma non basta. Si tratta anche di spingere nella direzione di un avvicinamento progressivo a quei parametri di partecipazione all'Europa unita che ha permesso recentemente a dieci Paesi di farvi parte. Dobbiamo puntare sulle piccole e medie imprese: questo è il tessuto più fertile per lo sviluppo di rapporti e presenze; queste aziende, tante volte accusate di non saper trovare il coraggio per fare investimenti al di fuori del Paese, stanno, al contrario, dimostrando un grande attivismo in quest'area del mondo: prendiamo, ad esempio, la Tunisia, dove sono oltre 800 le presenze italiane, più del doppio rispetto a cinque anni fa. Possiamo dire che stiamo facendo abbastanza? No: anche l'area di libero scambio che sembrava realizzabile entro il 2010, non sarà raggiunta e probabilmente il ritardo sarà di 7-10 anni. Se si considerano poi i fondi messi a disposizione di questa Regione, sembrano tanti, ma in realtà non lo sono. Prendiamo, per esempio, i fondi MEDA: circa 5 miliardi, poi effettivamente pagati meno della metà. I fondi Femip dovevano diventare la Banca Mediterranea sul modello dell'EBRD, ma non si vedono ancora segnali significativi. Ci sono però anche alcune novità importanti, come ad esempio l'attivismo di Sace per essere partner più attiva, sia nel breve che nel lungo termine, anche con i Paesi OCSE e non soltanto coi Paesi non OCSE. L'impegno di tutti e di Banca Intesa Ci sono dunque segnali di impegno maggiore per supportare l'attività commerciale e finanziaria in questi Paesi, ma sono ancora molte le ragioni di non soddisfazione in termini di nostro impegno in questa direzione. Un accenno al protezionismo dell'Europa: in certi campi siamo eccessivamente aperti; non lo siamo in altri campi, come quello agricolo e tessile, che per questi Paesi sono particolarmente rilevanti. Possiamo aspettarci di più dalle nostre Istituzioni, da noi stessi, dai nostri Paesi e dall'Europa; possiamo e credo dobbiamo aspettarci qualcosa di più anche dai Paesi interessati del Mediterraneo. Non c'è dubbio che c'è stata una certa incapacità di muoversi in modo coordinato. Una maggiore integrazione Sud-Sud (interna al gruppo dei Paesi Meda) consentirebbe a questi paesi di raggiungere una maggiore massa critica, una maggiore uniformità negli standard e nella regolamentazione. Se vogliamo spingere nella direzione degli investimenti diretti in questi Paesi, dobbiamo aspettarci un maggiore ammodernamento in termini di infrastrutture giuridiche, legali, istituzionali, amministrative; in molti di questi Paesi manca ancora un'architettura finanziaria completa indispensabile per far sì che aziende, soprattutto di piccole e medie dimensioni, possano investirvi. Quindi, se non possiamo dirci ancora in nessun modo soddisfatti di quello che abbiamo realizzato, dobbiamo suddividerci le responsabilità e le cose da fare. Un accenno soltanto a Banca Intesa: credo sia la banca italiana più impegnata in quest'area, siamo presenti con quattro uffici al Cairo, Beirut, Ankara e Tunisi, quest'ultimo aperto pochi mesi fa; siamo, credo, la banca con la più alta quota di mercato in termini di finanziamento e di interscambio, sia sull'import che sull'export; su queste transazioni in quasi tutti i Paesi del Mediterraneo abbiamo quote di almeno il 25%, con punte del 35 (Libano e Giordania sono quelle più alte). Siamo una banca che ci crede non soltanto a parole, ma investendo concretamente, formando, mantenendo nel tempo una serie di presenze forti di persone competenti in tutta questa area. Recentemente abbiamo sottoscritto un accordo di collaborazione con Afrexibank per facilitare le attività dei nostri imprenditori con tutti i Paesi africani e, quindi, anche con quelli del Mediterraneo; abbiamo partecipato al fondo di private equity Euromed creato per iniziativa della Camera di Commercio di Milano. Stiamo guardando ad altri Paesi con grande interesse: stiamo facendo un'analisi approfondita per un investimento importante in Turchia, Paese al quale diamo grande importanza e che consideriamo già sulla strada dell'entrata nell'Europa dei 25. Banca Intesa, in questi ultimi due anni, ha rifocalizzato molto la sua attività all'estero concentrando gli investimenti diretti nell'Europa centrale e dell'Est; ha eliminato le presenze operative in quei Paesi dove le imprese italiane non avevano più bisogno di un aiuto diretto, come Francia, Germania, Spagna, e sta invece investendo molto in quei Paesi dove, senza una banca di casa, è più difficile entrare e lavorare: abbiamo aperto una banca in Russia, stiamo rafforzando la presenza in Cina, stiamo ipotizzando di fare la stessa cosa in India. In questa logica, Banca Intesa considera il Mediterraneo come un'area di altissima priorità. Concludendo, la crescita economica è una priorità per tutti noi, ma non ci stiamo dando abbastanza attenzione, né come Paese, né come Europa. Il Mediterraneo è una formidabile opportunità di crescita sia per l'Europa sia per i Paesi del Mediterraneo, certamente è un'opportunità clamorosa per l'Italia. Sappiamo cosa una politica coraggiosa e lungimirante può creare: se guardiamo all'effetto che si è creato nei Paesi dell'Europa centrale e orientale attraverso l'operazione di avvicinamento all'Europa e se guardiamo al flusso enorme di investimenti che questo processo ben gestito ha portato, possiamo immaginare che, se tutti faremo le cose che è necessario fare, questo effetto crescita, questo effetto sviluppo possa nei prossimi anni ricrearsi anche nei Paesi meglio gestiti del Mediterraneo.
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